L'impalpabilità fugace
delle nuvole non è interpretabile con una sequenza armonica di
espressioni numeriche. Si possono cogliere solo soggettivamente degli
elementi ritenuti essenziali nella coscienza dei limiti del proprio
transitorio punto di vista. Nulla, del resto, procede seguendo un
perfetto percorso deterministico. Nemmeno il pensiero individuale o
l'aspetto fisico. Si rivela un'illusione leggere qualsiasi faccia
della realtà da un'ottica scientifica. Meglio constatare come
perfino nella matematica domini l'irrazionalità (si pensi al mistero
dei numeri primi) e non sforzarsi di razionalizzare tutto.
Pro bono malum.
Questo è il motto che Ariosto volle fosse impresso alla fine
dell'Orlando Furioso
probabilmente per sottolineare
la relatività di ogni valutazione, i limiti di ogni visione
assoluta, l'assurdità di ogni convinzione granitica o trascendente.
Un
motto che si addice bene anche al Pittore di ex voto
(Tullio Pironti, 2017), splendido romanzo breve di Paolo Codazzi.
Con
ostinata lucidità, l'autore rifiuta qualsiasi immersione mistica,
qualsiasi esaltazione della volontà imperscrutabile di un Dio che
salva gli uni ma condanna gli altri (come se fosse una divinità
capricciosa, il Dio crudel di
Boito).
Nessun
intervento trascendente si ricollega al bizzarro destino di Fulvio
che gli riserva, sì, la salvezza da due terribili sinistri, ma che
al contempo gli impone anche di non godere a lungo l'idillio
sentimentale inseguito sin dai banchi di scuola e raggiunto al di là
di ogni previsione.
Nessuna
divinità adirata si scatena contro l'effimera tranquillità
raggiunta da Thomas che, per colpa di una nascita irregolare, non può
che essere un reietto nella società del Dopoguerra.
Nessun
miracolo fa sì che la guarigione di Luca sia determinata da ciò che
avrebbe dovuto ucciderlo, cioè da un morso di una vipera e dal
ritardo dei soccorsi.
“Il
male, così come il bene”, scrive Codazzi, “non è perfetto, e
nella sua evoluzione può arrestarsi facendo gridare al miracolo,
all'intervento di forze sovrannaturali, in realtà una consistente
percentuale di mali regredisce o si arresta (…) solo per un
semplice caso”.
Sballottati
dall'insensata imprevedibilità della vita, gli uomini aggravano la
loro precarietà sofferente incolpandosi l'un l'altro, agendo
coscientemente per danneggiare il prossimo, per farlo soffrire.
Tutto
ciò è inaccettabile, ci dice tra le righe Codazzi. La tragica
inconsistenza umana deve condurre alla tolleranza, alla disponibilità
all'ascolto, all'accettazione delle credenze altrui, se tali credenze
si rivelano innocue.
In
altri termini, per tornare al romanzo, se una madre espone un ex voto
nel santuario della Madonna di Montenero come ringraziamento verso la
Vergine per aver salvato il proprio figlio da una morte certa, il
figlio non ha alcun diritto di appropriarsi dell'ex voto perché
ritenuto un inutile atto di superstizione, ma deve rispettare la
sensibilità della madre, anche se defunta, mantenendo saldo un
rapporto di rispetto verso le credenze altrui che dovrebbe andare al
di là della morte.
Questa
forse la sostanza di un libro affascinante, il cui continuo
ondeggiare tra il passato e il presente, che talora si fondono in
maniera impercettibile – nella convinzione che “il tempo
cronologico non” sia “nella nostra mente, ma solo nell'orologio
che portiamo al polso” -, è impreziosito da una prosa ipotattica
ma fluida, da un lessico raffinato, da attese mai disattese, da
un'ironia sottile che permea tutta la narrazione e che accompagna,
discreta, la densità drammatica del materiale narrativo.
Molto bella. Un po' lunga ma errore veniale. Poi colta e forbita ( le attese non disattese)
RispondiEliminaGrazie, Vincenzo.
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