Era dal 1978, dalla Vita
di Pasolini di Enzo Siciliano,
che non veniva pubblicato un libro così intenso sul grande artista
friulano. Ma Renzo Paris va oltre la semplice biografia. Rivive il
tempo andato e lo ingloba nella dimensione del proprio flusso di
ricordi per proiettarlo, inevitabilmente, in un presente volgare,
privo di qualsiasi stimolo intellettuale. Così Pasolini, e gli altri
grandi artisti della Roma del secondo Novecento, diventano quasi
delle immagini emblematiche, se non addirittura mitiche, di un
passato glorioso del quale Paris intende essere non solo il
testimone-cantore, ma anche uno degli ultimi attori, una sorta di
portabandiera nostalgico di una nazione drammaticamente svanita.
Ma
vediamo nel dettaglio alcuni degli aspetti encomiabili di Pasolini.
Ragazzo a vita (2015, Elliot
Edizioni).
1) Lo stile asciutto ma
incalzante, a volte perfino evocativo, grazie a una sintassi
paratattica che toglie qualsiasi zona d'ombra al testo, senza mettere
in rilievo narcisisticamente le singole parole. Negli ultimi anni,
ahimè, è ricomparsa la passione per una scrittura involuta, talora
corredata da anacoluti, nella quale il discorso è continuamente
interrotto da una serie di parentetiche che rende quasi ermetiche
delle riflessioni spesso banali. Paris si rivela immune da questa
moda subdola e fonda la sua prosa su un'immediata e onesta
decifrabilità,
2) La realizzazione di
un'autofiction non intrappolata nel compiacimento autorenferenziale.
Il filo conduttore del libro non si riscontra tanto nel divenire
dell'autore nel tempo, quanto piuttosto nella sua memoria che si
confronta con il tempo e si stupisce. Una memoria che deve fare i
conti con le ombre sfocate di amici scomparsi, di luoghi stravolti
nell'era del conformismo dilagante, di ideali frantumati dalla
globalizzazione, di costumi sia positivi che negativi appiattiti da
una tecnocrazia apparentemente democratica, in realtà oppressiva.
“La tabula rasa dei primi quindici anni del Duemila” scrive
Paris. Una tabula rasa rappresentata a volte in maniera volutamente
iperbolica, sia dal punto di vista antropologico che da quello
sociologico, tramite i ragazzi ipnotizzati dagli smartphone, dalle
ragazze che, emulando degli squallidi fatti di cronaca, offrono la
loro intimità per un misero guadagno rapido, dai pensionati, ormai
privi di ideali, costretti a vivere poveramente la loro vecchiaia
mantenendo i figli disoccupati.
3) La descrizione di
Roma, del suo spirito sostanzialmente fascista pur nelle sue
contraddizioni, della sua lenta metamorfosi da una città classista
ma vitale, a una città in graduale perdita d'identità dominata, per
di più, da una volgare mentalità piccolo borghese, da una
popolazione priva di ogni rapporto con la cultura e già in pieno
processo di assimilazione con il contemporaneo livellamento
postideologico.
4) La rappresentazione,
per così dire, obiettiva dell'uomo Pasolini, il punto fondamentale
del libro. Paris evita ogni esaltazione agiografica
dell'intellettuale-martire da qualche anno in voga, e mostra un uomo
nella sua concretezza, con i suoi vizi e le sue virtù, un uomo
tormentato dalla sua stessa complessità, oserei dire dalla sua
stessa problematicità testarda.
.5) Gli acuti ritratti di
alcuni grandi personaggi che furono sodali di Pasolini. Come Alberto
Moravia, scrittore razionale dalla notevole disponibilità umana.
Come Laura Betti, la “madre fallica”,
attrice-intellettuale-cuoca dal carattere ostinato e dirompente. Come
il malinconico Dario Bellezza, uno dei più grandi poeti della
seconda metà del secolo scorso purtroppo quasi dimenticato.
Meravigliosa meravigliosa che dire? Niente. Usi un termine come emblematico che spesso viene tolto dalle recensioni. Ma insomma una inezia. Anche io uso l'aggettivo e se lo tolgono pazienza. Poi ti raccontero' di Dario Bellezza. Bravo.Ciao
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